È dei mesi scorsi la notizia dell’acquisizione da parte del comune di San Paolo di alcuni mappali all’interno del Parco del Laghetto di Scarpizzolo, nel PLIS del fiume Strone, in cui il comune realizzerà un nuovo bosco. Il tutto, grazie al finanziamento di Regione Lombardia per un importo di 355.000€ (e una spesa totale di poco superiore), a seguito del bando del 2021 “Infrastrutture verdi a rilevanza ecologica e di incremento della naturalità”.
Il “progetto di realizzazione di nuove aree boscate” al Laghetto è stato presentato dall’amministrazione comunale e dal tecnico incaricato durante un’assemblea pubblica, lo scorso 21 aprile c.a., alla presenza di una manciata di persone (in maggioranza volontari della nostra associazione).
Detta così, la cosa può apparire una bella notizia ed anche qualche organo di stampa ne ha dato risalto. In effetti, l’idea dell’acquisto di un’area privata da parte di una pubblica amministrazione con l’obiettivo che diventi un’area verde può avere, in linea di principio, un senso. Tuttavia, nell’incontro sarebbe stato bello ricevere qualche informazioni in più su tale operazione di acquisto, informazioni che non sono state fornite.
Al di là dell’operazione di acquisto dei terreni, la cosa più sorprendente è che quello che viene definito come “nuovo bosco” è in realtà un’area verde presente da sempre all’interno del Parco, dove gli AMICI PER IL LAGHETTO hanno messo a dimora nel corso degli anni migliaia di alberi autoctoni (v. immagini di seguito). L’area in questione è dunque già un BOSCO, ricco di biodiversità, ma anche di percorsi fruibili per i cittadini, certamente non un bosco perfetto, migliorabile nel suo impianto e bisognoso di cure, ma un bosco a tutti gli effetti stando alla normativa (v. allegato), indipendentemente dalle classificazioni urbanistiche o catastali che, come spesso capita, non sono sempre aggiornate. Infatti, nonostante la presenza della vegetazione arborea e arbustiva, i terreni in questione sono ancor oggi classificati come seminativo.
Sopra alcune immagini che mostrano come si presenta oggi l’area su cui verrà realizzato il “nuovo bosco”.
(Molti degli alberi autoctoni messi a dimora dai nostri volontari sono stati forniti e certificati da ERSAF).
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Oltre alle piantumazioni, i cui risultati sono ben visibili nelle immagini precedenti, i volontari dell’associazione AMICI PER IL LAGHETTO hanno sempre gestito gratuitamente la manutenzione dei terreni in questione senza smuovere enti e istituzioni, senza super progetti finanziati, ovvero senza costi per la collettività. Tutto questo è avvenuto fino a qualche anno fa, ovvero fino al divieto ad operare nel parco impostoci dal sindaco, il che ha bloccato di fatto le nuove piantumazioni programmate (che avrebbero completato il programma avviato anni fa (col supporto del botanico della Provincia di Brescia Eugenio Zanotti) e la relativa manutenzione (compreso la pulizia delle infestanti) anche all’interno dell’area in questione. Tuttavia, proprio le infestanti sono state citate più volte durante l’incontro come una delle principali ragioni per la realizzazione di un nuovo bosco (l’altra ragione più volte addotta è che l’attuale bosco è una sorta di “cozzaglia di alberi e arbusti piantati senza una logica” …).
La verità è che l’area ha certamente bisogno di cure, ma i volontari che se ne occupavano gratuitamente sono stati bloccati e al loro posto arriva ora il progetto di un nuovo bosco al posto di quello attuale, con grande esborso di denaro pubblico. Ci chiediamo che senso abbia tutto questo.
Durante l’incontro, ci attendevamo poi una serie di informazioni fondamentali che in realtà non sono state fornite, fra cui:
- il progetto tecnico vero e proprio che caratterizzerà l’intervento;
- i dati sugli aspetti biologici e naturalistici del progetto, coerentemente con le finalità naturalistiche ed i principi costitutivi del Piano del Parco del fiume Strone. Alberi e arbusti sono solo una componente dell’ambiente naturale e dell’ecosistema attualmente presente, in cui interagiscono, in profondo equilibrio, organismi viventi (animali e piante) e ambiente fisico (suolo, acqua e sottosuolo): se si stravolge uno di questi elementi, ci sono conseguenze anche sugli altri. In altre parole, non sono state fornite informazioni su quanto sarà invasivo l’intervento e che fine farà la ricca biodiversità presente nell’area durante i lavori, incluso il prezioso sottobosco, di cui “i rovi”, il canneto e la rimanente vegetazione spontanea sono parte integrante.
- i tempi di realizzazione del progetto, durante i quali immaginiamo che l’area in questione non sarà fruibile;
- i successivi costi ed il programma di mantenimento e di gestione. Questo anche in virtù del fatto che nell’incontro si è accennato alla realizzazione di prati stabili e di un impianto di irrigazione, che presumiamo necessiti di un pozzo e relativo trattamento delle acque. Il tutto in una zona per altro già ricca di acqua e risorgive. Questo aspetto, unitamente alla modalità con cui è stato gestito ultimamente il bosco in altre aree boscate del parco (fra cui, la triturazione della vegetazione erbacea spontanea “per fare una bella pulizia”, la continua apertura di circuiti per mountain bike, ecc.) sembra suggerire che all’attuale “bosco-ecosistema”, si voglia sostituire un nuovo bosco, più simile ad un parco pubblico;
- su che base è stato stabilito il valore di acquisto di 190.000€ per un terreno che non ha altre funzioni se non quella di area verde, inadatto alle coltivazioni, per di più già boscato e vincolato (sebbene catalogato ancora come seminativo), rientrante in una delle zone del PLIS a maggior tutela naturalistica e ricco di acqua. Con gli stessi soldi (equivalenti per altro alle spese di affitto per quasi un secolo) si sarebbe potuto guardare a ben altri terreni che non sono area verde vincolata e non sono già bosco.
Di certo, il tanto sventolato “nuovo bosco” finanziato:
- non incrementerà l’area del Parco esistente e non restituirà nuovi spazi verdi ai cittadini,
- non risolverà il problema di interi boschi planiziali letteralmente spariti negli ultimi anni a San Paolo nel silenzio generale, anche nel PLIS (ovvero all’interno dei corridoi ecologici e in aree catalogate come a rischio di dissesto idrogeologico),
- non interverrà nella riforestazione e rinaturalizzazione degli alvei e delle varie aree golenali dissestate e abbandonate a sé stesse (interventi per altro prescritti dalle norme che prevedono l’introduzione di modelli di infrastrutture verdi per la difesa idraulica), sia all’interno che all’esterno del PLIS, come più volte chiesto dalla nostra associazione,
- non aumenterà il grado di biodiversità e non favorirà il miglioramento degli ecosistemi nel loro complesso,
- non concorrerà a ridurre i problemi derivanti dall’eutrofizzazione dei corsi d’acqua, con i nitrati a valori allarmanti nelle nostre falde acquifere e con le nostre rogge fra le più inquinate d’ Europa (non lo dicono gli Amici per il Laghetto, ma lo certificano enti ufficiali),
- non compenserà i problemi generati dalla scomparsa della biodiversità dal territorio per mano dell’agricoltura industriale, né tantomeno l’inquinamento generato dai relativi trattamenti chimici indiscriminati, dai fitofarmaci e dagli effluenti generati da una iper-presenza di allevamenti intensivi sul territorio, con grave rischio, oltre che per l’ambiente, per la salute dei cittadini,
- Non darà una risposta, infine al problema della caccia: nei mesi che vanno da settembre a gennaio i visitatori del parco dovranno continuare a convivere con i colpi di fucile dei cacciatori durante le passeggiate in mezzo alla natura. Giusto per ricordare, dopo che nel 2016 la nostra associazione era riuscita a togliere la caccia dal Laghetto (oltre ai vari capanni presenti proprio nell’area del “nuovo bosco”) in quanto palesemente incompatibile con l’ambiente naturale del parco e con la fruibilità di quest’ultimo da parte dei cittadini, da qualche anno a questa parte la caccia è purtroppo tornata violentemente al parco, con tutti i rischi e le conseguenze del caso. Gli AMICI PER IL LAGHETTO hanno più volte sollecitato l’amministrazione comunale a intervenire per risolvere questa assurda situazione ma ad oggi nulla è cambiato.
Concludendo, al di là dell’approvazione del progetto da parte della Regione, aspetto che avremo modo di approfondire, secondo noi è stato aggirato l’intento del bando, che era quello di creare “nuove aree boscate” e nuove infrastrutture verdi e non quello di fare il “lifting” ai boschi già esistenti, con un grave impatto sull’ecosistema esistente.
Di fronte ai problemi sopra descritti che gravano pesantemente sul territorio e che dovrebbero essere affrontati con coraggio e competenza avviando un vero percorso di opere sostenibili anche a beneficio della qualità della vita dei cittadini, abbiamo come risultato una bella operazione di marketing ecologico, o come si dice, di green washing, con un vantaggio zero per gli elementi naturali, per l’ambiente e per il territorio, considerati nel loro complesso.
Amici per il Laghetto
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Allegato 1
Qui sopra: articolo del Giornale di Brescia del gennaio 2022
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Allegato 2
L.R. 31/2008 -TITOLO IV – Capo I
Art. 42
(Definizione di bosco)
- Sono considerati bosco:
- a) le formazioni vegetali, a qualsiasi stadio di sviluppo, di origine naturale o artificiale, nonché i terreni su cui esse sorgono, caratterizzate simultaneamente dalla presenza di vegetazione arborea o arbustiva, dalla copertura del suolo, esercitata dalla chioma della componente arborea o arbustiva, pari o superiore al venti per cento, nonché da superficie pari o superiore a 2.000 metri quadrati e larghezza non inferiore a 25 metri;
- b) i rimboschimenti e gli imboschimenti;
- c) le aree già boscate prive di copertura arborea o arbustiva a causa di trasformazioni del bosco non autorizzate.
- Sono assimilati a bosco:
- a) i fondi gravati dall’obbligo di rimboschimento per le finalità di difesa idrogeologica del territorio, qualità dell’aria, salvaguardia del patrimonio idrico, conservazione della biodiversità, protezione del paesaggio e dell’ambiente in generale;
- b) le aree forestali temporaneamente prive di copertura arborea e arbustiva a causa di utilizzazioni forestali, avversità biotiche o abiotiche, eventi accidentali e incendi;
- c) le radure e tutte le altre superfici d’estensione inferiore a 2.000 metri quadrati che interrompono la continuità del bosco.
- I confini amministrativi, i confini di proprietà o catastali, le classificazioni urbanistiche e catastali, la viabilità agrosilvopastorale e i corsi d’acqua minori non influiscono sulla determinazione dell’estensione e delle dimensioni minime delle superfici considerate bosco.
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